In queste settimane si è fatto un gran parlare di tecnologia 8D. Su WhatsApp e sui social hanno iniziato a circolare una serie di file che promettevano esperienze sonore senza precedenti. Sebbene non si tratti di una tecnologia nuova, soltanto ora si sta iniziando a prendere seriamente in considerazione questa metodologia che permette di ascoltare i brani come se si fosse al centro di essi, in modalità immersiva. Il merito è di piattaforme come Spotify, che di recente l’hanno riportata in auge pubblicando la versione 8D del brano Dance Monkey dell’artista australiana Tones and I. I primi esempi di suono 8D risalgono infatti agli anni ’70 , mentre nel 2015 sono comparse le prime pagine a tema su Youtube.
Ascoltando un brano 8D, si ha la sensazione che il suono si muova costantemente da un orecchio all’altro, in maniera fluida, attraversando il corpo senza fermarsi. Questo effetto è frutto soprattutto di un trucco capace di generare un effetto circolare. A dispetto del nome, però, 8D non significa 8 dimensioni. Si tratta, a tutti gli effetti, di un audio in 3D che può essere creato con Ambisonics, un formato audio surround a sfera completa utilizzato già a partire dal 1970. Lo stesso risultato può essere raggiunto con software freeware come Ambeo Orbit e Audacity o con la registrazione binaurale, un metodo di registrazione tridimensionale del suono. Il suono 8D è il risultato dell’unione di metodi di equalizzazione, panning ed effetti combinati di un brano. Questi software agiscono modificando le frequenze medie e alte del suono giocando sul bilanciamento dei canali destro e sinistro, assieme a un effetto riverbero che dà l’illusione del movimento.
Per avere un esempio di suoni 8D basta cercare il canale 8D Tunes su YouTube, che attualmente conta più di 6 milioni di iscritti, e dedicarsi all’ascolto di alcuni brani, rigorosamente con le cuffie nelle orecchie.